Italiano, “vegetariano” per storia e natura

Mia nonna Ginevra, che era nata nel 1908, se si trovava in un campo qualsiasi e aveva con sé un coltellino e un raccoglitore lo avrebbe certamente riempito di erbe selvatiche di ogni tipo. Le conosceva tutte e poche cose le mettevano gioia come farsi accompagnare dai nipoti a cogliere erbe. Non ne conosceva affatto il nome scientifico e nemmeno quello in italiano ma le nominava nel suo dialetto: quello umbro di Perugia.

Questa sua eruditissima conoscenza non proveniva da una passione per la medicina naturale o dall’apprendimento di sane e buone pratiche di cucina rigorosamente vegetariana ma aveva una ragione pratica, anzi terra-terra e mai espressione poteva essere più adeguata. Le conosceva tutte perché lei, insieme ai suoi fratelli e sorelle, ai suoi genitori, ai suoi zii e cugini e i suoi nonni, aveva conosciuto la fame. Quella fame atavica, incarnata nelle cellule e nella mente di tantissimi braccianti che per due secoli hanno vissuto cibandosi solo di poco pane nero o di polenta o di castagne, poco sale, tanta acqua insana e di erbe selvatiche che non costavano nulla. Il lavoro duro nei campi serviva per comprare la farina per farne il pane, il resto, quando si poteva, lo raccoglievano in campagna comprese le rane, le lumache e qualche uccellino catturato con il vischio.

Aggiungiamo  una considerazione che ha valore di prova storica: alla fine del 16esimo secolo un dotto Italiano di Modena che viveva esule a Londra e che si chiamava Giacomo Castelvetro scrisse un piccolo libro dal nome lungo: Brieve racconto di tutte le radici, le erbe e di tutti i frutti che, crudi o cotti, in ITALIA si mangiano. Questo libro , malinconico e delicato, è una testimonianza imponente di due elementi storici fondamentali per la storia del nostro paese. Uno, essenziale e non isolato a questo solo titolo ed autore, è che non esiste ancora la nazione Italia  ma esiste una nazione gastronomica unita saldamente da un regime alimentare, più che dal regime dei Savoia come succederà dopo due secoli e mezzo. L’altro, che esprime una cultura ancora molto forte , è che noi italiani siamo consumatori di verdure da sempre. Nessun altro popolo al mondo ha questa abitudine consolidata e soprattutto variegata come qui, in Italia. E Castelvetro ricorda con nostalgia, lui esule in Inghilterra, Danimarca e Svezia, quei sapori delicati o amarostici, salutari, che favoriscono la digestione e il mantenimento di buona salute che tanto gli mancavano e sinceramente mancano a ogni italiano che va a vivere lontano. Ricette al prossimo capitolo.

Agostino Mastrogiacomo Gastronomy Domine

 

 

 

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