Perché si festeggia l’8 marzo?
Perché si festeggia l’8 marzo?
Per rispondere alla domanda occorre partire da una breve premessa storica. L’8 marzo è dedicato al riconoscimento delle lotte portate aventi dalle donne e alle loro conquiste sul piano dei diritti, dell’economia e della politica contro le discriminazioni e le violenze di cui, ancora oggi, sono vittime in molte parti del mondo. La storia di questa festa ha le sue radici nella manifestazione che il Partito Socialista americano organizzò il 28 febbraio 1909 a sostegno del diritto delle donne al voto. Proprio in quegli anni, le donne si attivarono sul tema delle rivendicazioni sociali e molte decisero di scioperare e scendere in piazza per molti giorni per chiedere un aumento di salario e il miglioramento delle loro condizioni di lavoro. Nel 1910 il VIII Congresso dell’Internazionale socialista proposte di istituire una giornata dedicata alle donne. L’anno dopo, nel 1911, a New York la fabbrica Triangle andò a fuoco e quasi 150 donne persero la vita. Da allora le sollevazioni femministe si moltiplicarono in tutta Europa. Ma solo nel 1917, quando le donne di San Pietroburgo scesero in piazza per chiedere la fine della guerra, si scelse l’8 marzo quale la festa delle donne.
Cinque anni dopo la festa cominciò a essere celebrata anche in Italia. E fu solo nel dicembre del 1977 che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamò l’8 marzo come Festa Internazionale della donna.
Ma ora torniamo alla domanda iniziale. Perché celebrare la giornata delle donne? cosa è cambiato in un secolo? Il progresso ci porta a ritenere che la festa delle donne sia ormai superata, che da allora tanta strada è stata fatta. E infatti, molto è stato fatto nel nostro Paese per promuovere le pari opportunità. Basti pensare che, all’indomani dell’approvazione della Costituzione, che all’art. 3 sancisce il principio della parità di genere, le donne rappresentavano solo il 31,5% dei laureati nell’anno. Poi è iniziato il lungo percorso di emancipazione femminile, che ha portato il numero delle laureate a superare abbondantemente quello dei laureati: nel 2016 le donne rappresentano il 55,6% del totale.
Ma veramente è stata fatta tanta strada? purtroppo basta dare un occhiata alle notizie di giornale per capire che forse la realtà è ben diversa da come la percepiamo: donne uccise dai loro mariti, da ex fidanzati, donne discriminate nei luoghi di lavoro, donne che lavorano di più degli uomini ma pagate di meno, il peso degli impegni familiari soprattutto sulle loro spalle. Sono recenti due studi elaborati dal Censis e dall’Ocse che confermano che il nostro Paese resta fanalino di coda in Europa nel superare le differenze di genere; e basta leggere il rapporto del Censis che conferma la differenza tra le retribuzioni di italiane e italiani (le donne nel settore privato percepiscono salari inferiori del 19,6 per cento e le occupate nel settore pubblico guadagnano il 3,7 per cento in meno dei colleghi maschi). Inoltre ancora oggi le donne continuano ad avere difficoltà a conquistare le posizioni professionali più qualificate e remunerative.
Perché quindi cadere nella retorica di chi pensa che basti una giornata per cancellare le discriminazioni e le violenze di genere?
Occorre invece credere che questa giornata di celebrazione possa dare seguito più a fatti e meno a parole vuote. E’ necessario discuterne, confrontarci, ma soprattutto occorre aspirare ad una società che dia valore al merito, alla competenza e al rispetto; una società in cui la donna ha il diritto e la libertà di scegliere; una società che non consideri “donna a metà” se non può o non vuole avere figli; una società che non consideri pazza la donna che desidera avere una famiglia numerosa; una società in cui la donna abbia la libertà di lasciare un uomo senza che venga uccisa; una società che rispetti la donna nel lavoro e nei sentimenti; che non costringa la donna a scegliere tra famiglia e carriera; una società che impedisca che la donna incinta sia licenziata; una società che non riconosca le quote rosa come unico strumento di garanzia per la presenza delle donne ai vertici.
E’ necessario un vero cambiamento culturale, affinché la differenza di genere sia considerata un valore aggiunto, un arricchimento reciproco. I grandi cambiamenti avvengono dalle piccole azioni, nella vita quotidiana di ognuno di noi e non è una rivoluzione di genere, non riguarda soltanto le donne. Occorre partire dai nostri figli, dalla loro educazione, insegnando loro amore e rispetto per gli altri, e allora sì che potremo festeggiare, donne e uomini insieme, non solo l’8 marzo, ma anche gli altri 364 giorni dell’anno.
Alessandra Bonifazi