Toghe e politica: l’equilibrio mai trovato tra poteri
E’ innegabile che esista un conflitto che non agevola i rapporti tra magistratura e politica. La qestione è annosa e complessa ma di sicuro è sempre attuale in quanto non risolta. Le indagini della magistratura nel governo del territorio , a partire dagli enti locali fino ai livelli più alti di responsabilità, non accennano a diminuire. Non diminuiscono perchè rimane costante il ricorso all’illegalità nell’amministrare o perché l’interesse a colpire la classe politica non riguarda solo il mondo dell’informazione ma è diffuso anche nella magistratura inquirente?
Partiamo da alcune considerazioni che possono essere di aiuto.
Cosa è lecito fare e fin dove è consentito spingersi per ogni individuo che deve gestire qualsiasi tipo di attività, sociale, economica, politica, amministrativa? Tutto quello che rappresenta un vantaggio, una miglioria, una utilità privata o pubblica e che non ha conseguenze personali negative.
Che genere di conseguenze? Qui ognuno ha i suoi limiti. C’è chi mette al primo posto la propria dignità e il rispetto della legge, chi la propria incolumità e chi il proprio portafoglio, tanto per semplificare ed essere chiaro.
La prospettiva, purtroppo non del tutto campata in aria, di arricchirsi personalmente a scapito della buona ed onesta gestione della cosa pubblica senza poi scontarne conseguenze rilevanti può interessare più di una persona. Ed è di sicuro così.
Leggi contradditorie, processi troppo lunghi, procedure farraginose ed inefficienza del sistema giudiziario sono realtà che possono favorire chi opera fraudolentemente.
Del resto gli eccessi di passaggi burocratici di ogni atto di governo, che sono comunque strumenti di garanzia, possono diventare ostacoli che rallentano o deprimono il risultato di un buon indirizzo politico al punto di spingere ad operare in modo affrettato chi è animato da buoni propositi
E nessuno dovrebbe ritenere che l’intero corpo della magistratura sia di per se immune ad altre umane debolezze e da eccessi di interpretazione . A dirlo sono i dati incrociati relativi ai processi per corruzione, abuso d’ufficio, falso ideologico e altri capi d’imputazione, ricorrenti insieme alla famigerata associazione per delinquere,e che riguardano la pubblica amministrazione. Sono dati disponibili nel sito del Ministero di Giustizia e non è semplice ricavarne percentuali precise ma il quadro che emerge è piuttosto sconfortante. Troppe volte i tanti casi giudiziari si risolvono in assoluzioni, prescrizioni e non luogo a procedere a fronte di limitate condanne. Tanto rumore per poco o per molto meno di quello che è il comune sentire .
Usando un aforisma di Ennio Flaiano la situazione è grave ma non è seria. Nel senso che dopo decenni non si riesce seriamente a trovare un equilibrio che consenta alla politica di avere giuste garanzie e sicuri limiti , che dia soddisfazione al sistema giudiziario ma che soprattutto infonda nelle istituzioni ed in primis nei cittadini , nelle persone, il senso vero della giustizia che attualmente viene brandita come una mazza ferrata dai media e da forze politiche spregiudicate , che porta a casa pochi risultati e che praticata in questo modo anima invece un sentimento di rancore e di frustrazione che non fa altro che agevolare le aggregazioni di movimenti definiti populisti ( il contrario di popolari, infine).
E’ annunciata una nuova riforma della giustizia e del processo penale che, ad una prima occhiata, va in questa direzione e mi auguro, ci auguriamo tutti, che nel normale processo parlamentare subisca modifiche che la rendano ancora più virtuosa.
Agostino Mastrogiacomo