Papa Francesco in visita all’Università degli Studi Roma Tre
Il 17 febbraio scorso, Papa Francesco ha visitato l’Università degli Studi Roma TRE. In passato, già un Pontefice aveva visitato lo stesso ateneo, Giovanni Paolo II, nell’anno 2002.
È stata una visita sorprendente sotto vari punti di vista. Non c’erano altri ecclesiastici, non c’era nessun esponente della Curia a seguirlo. Si è presentato come un padre che viene a vedere i luoghi dove studiano i suoi figli.
L’androne dell’Ateneo era colmo di persone, tutti i posti preparati erano già stati occupati poco dopo le ore 8. Il Papa è arrivato alcuni minuti prima dell’orario previsto, verso le ore 10. I presenti si sono resi conto del suo arrivo, grazie alla polizia che ha a lungo fischiato per bloccare il traffico della via Ostiense, per permettere all’auto del Papa (una berlina scura del Vaticano, non la più nota SCV 001!) di entrare agevolmente nel cancello del Rettorato.
Il Papa è accolto, al suo arrivo, dal Rettore dell’Università Mario Panizza, dal Direttore Generale Pasquale Basilicata, e dal Prorettore vicario dell’Università Maria Francesca Renzi. Come di consueto, prende a salutare tutti i presenti, dagli operatori video agli addetti alla sicurezza.
Poi, salendo le scale, saluta e stringe le mani degli studenti e del personale dell’ateneo, da un lato e dall’altro del corridoio creato per il passaggio. Non sono mancati scambi di battute con alcuni, e si è mostrato disponibile anche a mettersi in posa per un selfie con chi ne avesse desiderio…, mentre un fragoroso applauso ha accompagnato il suo ingresso fino a quando non si è accomodato.
Dopo le sue prime parole di saluto e ringraziamento il Papa, invece di leggere un discorso, chiede che gli vengano rivolte delle domande, da alcuni studenti.
Quattro studenti rivolgono le loro domande e il Papa, consegna il discorso preparato al Rettore Panizza, spiegando: “Questo discorso che ho scritto lo consegno a lei, poi lo leggerete, ma prima vorrei rispondere spontaneamente, perché mi piace così”, e ha proseguito a braccio.
Giulia è la prima studentessa a prendere la parola e chiede: “con quali medicine si può contrastare un agire violento”.
Poi, è la volta di Niccolò e dice: “Qual è il valore e il significato di Roma per il suo vescovo, un Papa che giunge dall’altra parte del mondo?”
Riccardo parla dei mezzi tecnologici di cui oggi si dispone e chiede: “Viviamo in un mondo che cambia, serve coraggio per vivere una rivoluzione culturale. In un mondo globalizzato come prepararsi per contribuire ad un rinnovamento costruttivo della società?”
L’ultima domanda gli viene rivolta da Nur, una profuga siriana, giovane madre che proprio Papa Francesco aveva portato a Roma con il suo aereo, di ritorno dalla visita a Lesbo, e chiede: “Chi proviene dalla Siria o dall’Iraq, non minaccia la cultura cristiana dell’Europa?”
Dopo aver lasciato i suoi fogli al Rettore, Papa Francesco dice: “La violenza: i toni del linguaggio solo alti, si grida, cui si insulta, a casa, per strada. C’è violenza già nel parlare. La fretta, la velocità della vita ci fa diventare violenti. La fretta non ci fa dire più nemmeno ‘buongiorno’. La violenza è un processo che ci rende sempre più anonimi, tanto da togliere il nome. Ci sono tante medicine contro la violenza, ma la prima è il cuore un cuore che sa ricevere. Prima di discutere, dialogare… Il senso della convivenza si fa con il dialogo, dove non c’è dialogo c’è violenza. Quando si grida o si sgrida, o si sta a tavola con il telefonino, è l’inizio della guerra”.
Poi, venendo al luogo dove gli studenti passano molte ore per la loro formazione, incontrano tante persone, forse anche decisive per il loro futuro, aggiunge: “L’università è il luogo dove si può dialogare, dove c’è spazio per tutti. L’università che sia come una scuola dove si ascolta il professore e poi si torna a casa non è tale”.
E continua: “L’università deve avere il lavoro artigianale del dialogo, la discussione è importante; le università dove si apprende una ideologia già confezionata non è università”.
Aggiunge: “Dove non c’è dialogo, confronto, ascolto, rispetto, amicizia, gioia del gioco non c’è università. Vado all’università per vivere la verità, la bontà, la bellezza. Ma questo lo si fa tutti insieme, ed è un cammino che non finisce mai.
Se non impariamo a prendere la vita come viene, mai impareremo a viverla. (…) La vita si deve prendere da dove viene. (…) Devo prenderla come viene, senza paura, altrimenti non impareremo mai a viverla”.
Nel suo discorso di lettura della società di oggi, conia un nuovo termine per spiegare un fenomeno che riguarda tutti: “la rapidazione. La vita si fa sempre più veloce man mano che si avvicina, come la teoria della legge gravitazionale. Questa rapidazione non mi tolga la libertà del dialogo. Il punto è abituarsi al dialogo a questa velocità“.
Prendendo spunto dagli studi del sociologo Z. Bauman, il Papa parla della necessità di adattarci alla velocità nel dialogo non perdendo la nozione, cioè evitando di scivolare in una comunicazione “liquida” senza consistenza. E citando l’analisi di Bauman su “La società liquida”, il Santo Padre ha aggiunto: “dobbiamo trasformare questa liquidità in concretezza”. Nel proseguo del suo ragionamento sul mondo economico e sul dramma della disoccupazione nei paesi sviluppati, ha detto: “La liquidità dell’economia toglie la concretezza e la cultura del lavoro”.
Francesco manda un messaggio ai responsabili perché risolvano i problemi economici, sociali e culturali mediante atti e strumenti concreti.
Nel rispondere a Nur e a concludere il suo intervento, Papa Francesco dice che i migranti “portano una cultura che è ricchezza per noi, loro ricevono la nostra cultura: è uno scambio e questo toglie la paura”.
Cita l’esempio e il modello di integrazione operato in Svezia, tanto avanti rispetto a noi e dice: “Al termine della mia visita, quando ero all’aeroporto per ritornare, è venuta a salutarmi un ministro svedese, figlia di una donna svedese e di un padre migrato credo dal Gabon. Ed era un ministro!”
Infine invita gli studenti e il personale dell’Ateneo a riflettere su quattro termini: “Dialogo, Concretezza, Accoglienza, Integrazione”.
Ringraziando per l’accoglienza ricevuta, il Papa consegna al Rettore il discorso che aveva preparato, e saluta tutti ricordando che
“L’università è dialogo nelle differenze. E grazie tante”.
Con queste ultime parole Papa Francesco conclude questo lungo dialogo con gli studenti. La visita è durata più di due ore.
Ripercorrendo il percorso all’indietro, Papa Francesco ha continuato a stringere mani e a salutare ancora i presenti.
Germano Baldazzi