Porri e patate, il cibo “povero” dalla storia nobile

 

Uno dei brani musicali più controversi e misteriosi del Pink Floyd in Ummagumma ,ovvero il più psichedelico dei loro lavori, si titola Astronomy Domine. Ecco mi pare opportuno sfruttare la formula per la nostra rubrica di Lazio Sociale.

Questo è il periodo in cui le semine nei campi arati sono in preparazione Ma qualcosa nell’orto si può piantare ed in particolare è il periodo della piantumazione delle cipolle dette “ a giorno corto”. Vuol dire che per crescere sfruttando  il potere della sintesi fotocellulare  gli bastano 10-12 ore di luce al giorno, più o meno il ciclo di luce di questi giorni di fine inverno. Senza entrare nel mare magnum  delle cipolle in Italia e nel mondo vediamo di darne alcuni cenni storici e culturali. La cipolla (allium cepa) contiene la famigerata “allicina”, ovvero la stessa sostanza che è presente nell’aglio al punto tale da determinarne il nome, ed è l’imputata prima degli effetti postumi del suo consumo alimentare: un odore forte e pungente come di salame fermentato. In più le cipolle tagliate inducono una sofferenza al respiro che determina una lacrimazione a chi è impegnato in questa operazione, spesso indispensabile in cucina. Questo è dovuto alla formazione di acido solforico dovuta al contatto del prezioso tubero con l’ossigeno . E’ un concetto importante la buona presenza di acidità nelle cipolle, soprattutto per una ragione: per la loro conservazione in ambiente non refrigerato. Grazie a questa acidità le cipolle tendono a creare una buccia esterna che contribuisce ad isolare dai batteri degradativi ed inibire fortemente quelli presenti al suo interno. Questa sua caratteristica ne ha di fatto sancito un ruolo fondamentale nell’alimentazione delle popolazioni rurali da millenni. L’avvento dei riti cristiani ha relegato le cipolle a cibo poco degno perché hanno la cocciuta abitudine di crescere sottoterra , quindi più vicine agli inferi e più lontane dal paradiso e infatti non vi sono ricette che dedicano un ruolo importante alle cipolle fino a metà del diciottesimo secolo . Vale la pena ricordare che i ricettari  erano scritti e dedicati per i soli nobili, non esisteva di sicuro alcun ricettario per le classi povere e bisognerà aspettare l’avvento delle classi borghesi per veder cambiare qualcosa. Ma di questa tradizione orale tramandata di madre in figlia ne esistono varie versioni  in tutta europa ed in tutto il mondo legato all’agricoltura. Io proverò a darvi una traduzione culturale il più possibile aderente alle esigenze del gastronomo, gastronoma, dei giorni odierni.

Ingredienti per 4 persone                                                                          

600 grammi di porri ( allium ampeloprasum)           

300 grammi di patate

un finocchio ben pulito (grammi 150- 200)                 

 Aromi e aggiunte:

 due foglie di alloro, un cucchiaio di pangrattato                                                                                                           

un chiodo di garofano, cerfoglio fresco

due cucchiai generosi di panna fresca

Un bicchiere di vino bianco.
Pulite bene i porri e tagliateli a pezzetti di due centimetri, pelate e tagliate le patate  a pezzi generosi e fate la medesima cosa con il finocchio. Mettete tutti gli ingredienti in una pentola , aggiungete acqua fino a coprirli quasi del tutto , il vino, il sale che vi piace, l’alloro, il chiodo di garofano. Fate cuocere a fuoco vivace e coperto per circa due ore, anche meno. Usate il sistema che preferite per omogenizzare il tutto e per setacciarlo  in modo da ottenere un “potage” raffinato. Aggiungete ora la panna liquida, mescolate riscaldate e servite con il cerfoglio a decorare la vostra crema. Potete friggere dei crostini di pan carrè tagliati a triangolo equilatero con lato di tre centimetri ed usarli come “pane da inzuppare”. Non so se vi piacciono le spezie fini ma se così fosse una spolverata di zenzero alla fine ci sta bene. La versione piccante di questa crema prevede l’aggiunta di semi di senape o di radice di cren in cottura. Be happy!

Agostino Mastrogiacomo Chef

 

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