La tolleranza ai tempi dei social
Parlare di tolleranza, oggi, ai tempi dei social network e dell’amicizia ad ogni costo sembra quasi scontato, inutile. Eppure si può affermare che al progresso e allo sviluppo delle telecomunicazioni sia inversamente proporzionale l’accettazione dell’altro e l’accoglienza del diverso.
Nei tempi passati, a fronte di una condizione socio-economica retrograda, caratterizzata da pochi mezzi tecnologici e da scarse possibilità di comunicazione, vi erano rispetto, solidarietà, fiducia e comprensione. Il vicinato, per esempio, era un nucleo solido e compatto: le persone erano legate da un sentimento di tolleranza e di fiducia, tanto da condividere anche le situazioni più riservate. Oggi, al contrario, prevalgono la diffidenza e il fastidio, l’intolleranza e il sospetto che possono sfociare anche in odio e cieca violenza. Nella nostra vita, bisogna ammetterlo, c’è poco di “social”: viviamo dietro ad un computer o un cellulare che possano farci connettere con il mondo in qualunque istante, ma non perdiamo un attimo a “rifiutare” colui o colei che non consideriamo nostro simile.
E’ possibile ipotizzare che proprio lo sviluppo tecnologico abbia favorito un isolamento del singolo individuo che non cerca più occasioni di scambio e di incontro, riuscendo a soddisfare tale bisogno attraverso il web. In questo modo però non si fa che acuire il senso del rifiuto dell’altro, ci si disabitua all’importanza dell’ascolto, dell’accoglienza. Si perde il contatto fisico, viatico importante per la comprensione dell’altro e per la percezione dei suoi bisogni.
L’epoca moderna è caratterizzata da un profondo egocentrismo, dovuto anche all’incessante crisi economica che ha minato le certezze di ognuno e ha spinto i singoli a proteggere il proprio orticello, esasperando quell’atteggiamento di chiusura che contraddistingue l’umanità moderna. Inevitabili sono il declino dei rapporti umani, il rifiuto di ciò che io percepisco “diverso”, il senso di estraneità che domina le relazioni interpersonali. Questo declino del valore della persona finisce per ridurre tutte le espressioni della vita umana al rango della pratica e della utilità.
È necessario, quindi, concepire dentro di sé un nuovo modo di pensare: l’essere umano deve tornare al centro dell’interesse della società e delle istituzioni, in primo piano devono essere posti i suoi diritti, le sue esigenze, e gli obiettivi principali per il miglioramento della qualità della vita. Occorre riconciliarsi con le radici della vita, con i valori della solidarietà e della reciprocità, solo in questo modo sarà possibile rifondare una società più salda e pacifica. Nessuno può sentirsi escluso da tale processo di ricostruzione: il singolo, le istituzioni, la famiglia, la scuola devono collaborare per arginare il dilagante fenomeno dell’intolleranza e della discriminazione soprattutto tra i giovani.
Milena Mannucci