Insegnare i sentimenti per combattere il bullismo
L’età giovanile è sempre stata caratterizzata da una certa esuberanza, sintomo di inquietudine e di insofferenza, sentimenti a loro volta legati ai cambiamenti del periodo di passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Negli ultimi tempi, tuttavia, si assiste ad una escalation di violenza giovanile, dagli esperti definita “bullismo”, che da fenomeno occasionale si è trasformata in una vera e propria piaga sociale.
Sono sempre più i giovani i protagonisti della cronaca nera: ragazzi che picchiano coetanei per futili motivi, baby gang che organizzano raid per “punire” coetanei colpevoli di azioni imperdonabili, giovanissimi che aggrediscono o uccidono familiari e amici in un momento di follia o dopo una accurata premeditazione. Sono solo alcuni esempi di episodi violenti che affondano le radici in un disagio sociale molto profondo, figlio della crisi di valori morali, della difficile congiuntura economica, ma anche prodotto di un diffuso senso di solitudine. È sufficiente aprire un quotidiano per leggere ogni giorno storie agghiaccianti. L’ultima in ordine di tempo è il duplice omicidio di un sedicenne che ha “ingaggiato” un amico, pagandolo, per uccidere a colpi d’ascia i genitori. Una storia raccapricciante, anche per chi deve raccontarla. Come giustificare atti estremi, di una violenza gratuita? Quale mostro psichico si agitava nella mente del giovane? E poi ci sarà davvero un mostro? Si può pensare ad uno stato psichico fragile, ma forse no. Forse è molto più banale il motivo che ha spinto l’adolescente ad uccidere i genitori nel sonno: eliminare un elemento di fastidio, di disturbo. Cancellare chi in questo momento turba la mia esistenza. Come si fa con i messaggi sul cellulare, come se potessi comandare il mondo, esattamente nello stesso modo con cui agisco con il mio smartphone.
I tempi moderni sono purtroppo caratterizzati dalla precarietà dell’esistenza: nulla dura a lungo, dunque nulla rappresenta una certezza, né l’amicizia, né l’amore, né il lavoro. Tale condizione transitoria, effimera è destabilizzante per tutti, ma in modo particolare per i giovani: essi, già travolti dalla fragilità della loro età, sono turbati dalla perdita di radici, basti pensare alla disgregazione del nucleo familiare, alla disoccupazione, alla perdita di autorevolezza da parte delle istituzioni scolastiche. Gli effetti di tale condizione sono devastanti: i giovani hanno perso la fiducia nella società e sfogano la loro rabbia e la loro delusione con l’aggressività. A volte trascinano all’esterno la violenza appresa in famiglia, oppure protestano involontariamente contro un eccessivo permissivismo: non è vero, infatti, che i giovani non vogliano essere rimproverati, tutt’altro. Essi considerano indifferenza l’eccessivo permissivismo degli adulti, siano essi genitori, educatori, insegnanti.
Attraverso le regole i piccoli apprendono ciò che devono o non devono fare; nell’adolescenza essi tramutano in azioni le norme apprese e da adulti sapranno discernere il bene dal male. Oltre alle regole è però necessario che i genitori forniscano ai figli un’adeguata educazione ai sentimenti. L’educazione sentimentale è centrale nello sviluppo e formazione della personalità. Se non si insegna loro a riconoscere e rispettare i sentimenti propri e degli altri, la personalità diventa sorda, violenta. Il giovane ha bisogno che le persone intorno a lui “sentano” le sue emozioni, sappiano rispettarle anche se appaiono ridicole agli occhi degli adulti. Se i ragazzi sono costretti ad opprimere la paura, la delusione, l’orgoglio ferito, non impareranno mai ad amare se stessi e dunque non rispetteranno gli altri. Una grande fetta di responsabilità del dilagare della violenza giovanile è la televisione, dove “i sentimenti e desideri altrui”, di qualsiasi tipo siano, sono costantemente oggetto di scherno, di polemica, di aggressione anche violenta. Spesso i ragazzi sono violenti per contrastare la noia, oppure compiono atti di vandalismo. Esemplare un’altra vicenda: alcuni giovani hanno dato fuoco a senzatetto nonostante fossero scolarizzati o avessero un lavoro: non sapevano come passare il tempo. Moltissimi atti di vandalismo, moltissime violenze nei confronti degli altri vengono compiuti dai ragazzi soprattutto quando si annoiano. Non ci si può limitare a guardare e a non fare niente, sono i ragazzi stessi che chiedono aiuto: la famiglia deve necessariamente ricompattarsi e ritrovare il ruolo centrale che aveva un tempo. La scuola dovrebbe avere un suo programma in merito alle risposte da dare al fenomeno del bullismo. Lo Stato deve pensare a misure più severe che siano esemplari e al tempo stesso correttive. Non bisogna dimenticare che un giovane sano e felice sarà un adulto che contribuirà a migliorare la società, quindi occorre sconfiggere la violenza e restringere il fenomeno nei parametri di devianza sociale, evitando che sfoci nella normalità. Alle istituzioni spetta il compito di vigilare affinché negli ambienti giovanili mai venga a mancare il controllo e la vigilanza dei giovani stessi da parte degli organi addetti.